di Anna Leonardi 28.03.2018
(dal sito clonline.org)
«Il pianoforte è mio fratello. Perché io ho bisogno del rapporto fisico con la musica e lui me lo regala ogni giorno». Ezio Bosso, sbottonato nella parola e nel look – stivaletti, skinny jeans e cinturone di pelle -, non sembra uscire dal mondo compunto della musica classica. Eppure si è esibito nei teatri più prestigiosi come direttore d’orchestra e pianista: dall’Opera House di Sydney alla Carnegie Hall di New York, dalla Royal Festival Hall di Londra alla Scala di Milano. Ha anche firmato colonne sonore per il cinema di Salvatores e il maestro Claudio Abbado gli ha lasciato in eredità l’Associazione Mozart14, di cui è ambasciatore internazionale.
Ma più che ai successi Bosso è attaccato al suo pianoforte che lo ha aiutato a tornare alla musica dopo gli anni di pausa forzata cominciata nel 2011, quando, a 38 anni, subisce un intervento al cervello per un melanoma e scopre anche di avere una grave malattia autoimmune. Ha dovuto ricominciare tutto da zero: esercizi per parlare, per camminare, per muovere le dita. E poi ha dovuto reimparare a suonare. «È come se fossi rinato», racconta sempre. «Il cambiamento del mio corpo mi ha fatto andare ancora più a fondo di ciò che amo fare».
La risalita è stata lenta: tanto buio e silenzio, ma ad un certo punto gli è nato il coraggio di fare quello che non aveva mai fatto. Nel 2015 ha sorpreso il mercato discografico con un doppio cd (The 12th Room) e una tournée da solista. E nel febbraio 2016 anche il grande pubblico lo ha conosciuto per la sua esibizione a Sanremo. Oggi è direttore del Teatro Verdi di Trieste. Il suo pianoforte in questi anni è cambiato con lui: ha subìto varie modifiche per permettergli di suonare pur non potendo più sedersi come prima, e i tasti sono più leggeri, perché le sue dita ora sono più fragili. Per questo, viaggeranno insieme durante il tour estivo in Italia. Un po’ come facevano Rachmaninov e i grandi pianisti del passato. Ma non è un vezzo, è l’esigenza di continuare a suonare. Il dialogo con lui inizia proprio da qui: al pianoforte e sulle note dell’Oratorio di Natale di Bach.
Cos’è la musica per lei?
È la domanda più difficile che esista. La musica è ciò che abbiamo dentro, è ciò in cui esistiamo, in cui ci muoviamo. Il vento che scuote gli alberi, la pioggia sul mare, ma anche la tristezza e la gioia. Il creato è già musicalmente fatto. La musica c’è a prescindere da noi. L’uomo è andato a cercarla per poter scrivere questa grandiosità, per poterla ripetere quando non c’è. Perché la musica, come tutta la bellezza, è una necessità. Quindi la vera domanda non è “cos’è la musica per me?”, ma “cosa posso fare io per la musica?”. Continua a leggere →
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