Civil Week Lab, D’Avenia: «Non togliamo ai giovani il desiderio, li rende vivi»

Civil Week Lab, D'Avenia: «Basta burocrazia. I ragazzi hanno bisogno di  cura»| Guarda qui la sintesi della lectio- Corriere.it

Lo scrittore e giornalista Alessandro D’Avenia ha tenuto, qualche giorno fa, una bellissima lectio sui giovani come protagonisti del cambiamento.

L’incontro, tenuto alla Bocconi, ha aperto la Civil Week Lab, l’evento del Corriere della Sera dedicato al senso civico e alla cittadinanza attiva.

Ecco il video del suo intervento:

(fonte: Corriere della Sera)

Il senso religioso dell’uomo fin dalle origini

Pontificia Accademia delle Scienze - Amedeo Lomonaco

“Simboli, Miti e Senso Religioso negli Esseri Umani sin dal Principio”. È questo il titolo del workshop organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, riservato agli accademici e agli studiosi invitati, in programma mercoledì 27 e giovedì 28 ottobre 2021. L’obiettivo, come suggerisce il nome del simposio, è quello di discutere della particolarità “neuronale” e dell’unicità del genere umano (genus Homo) che lo colloca ad un livello di coscienza superiore a quello degli altri Primati, l’unico capace di pensiero religioso. Anche il senso religioso va tuttavia compreso all’interno dello sviluppo evolutivo dell’uomo e ne vanno esplorate caratteristiche, universalità e contenuti.

Il programma del Simposio è suddiviso in quattro parti (archeologica, etnologica, biolgoica e filosofica) tutte precedute da un’introduzione sulla collocazione sistematica e cronologica del genere Homo e sulla sua genesi così come la conosciamo oggi. Tanti i nomi illustri che prenderanno parte all’evento, come Yves Coppens e Francesco d’Errico. Presenti anche Fiorenzo Facchini, Silvano Petrosino, Donald Johanson e Ivan Colagè. Come scritto in precedenza, l’evento è riservato agli accademici e agli studiosi invitati. Come di consueto, i Proceedings della manifestazione saranno pubblicati successivamente, per far conoscere al grande pubblico l’oggetto delle discussioni e i risultati presentati.     
        
Clicca qui per leggere e scaricare il programma del simposio

(fonte: disf.org)

Diventare mamma è causa di abbandono del lavoro

Diventare mamma o papà porta ad abbandonare il lavoro? Nel 2020 oltre 42.000 lavoratrici e lavoratori con figli dai 0 ai 3 anni si sono dimessi o hanno risolto consensualmente il loro rapporto di lavoro. 32.812 (il 77,4%) dei rapporti di lavoro conclusi riguarda le mamme. È quanto riportato dalla recente analisi dell’Ispettorato del Lavoro.

La maggioranza delle dimissioni e risoluzioni riguarda lavoratori e lavoratrici inquadrati come operai o impiegati, di età compresa tra i 29 e i 44 anni e che sono attivi nel mondo del lavoro da meno di 10 anni.

Rispetto al 2019 il numero di genitori di bambini dai 0 a 3 anni che hanno abbandonato il lavoro è diminuito, ma molto più per i papà (-31,1%) che per le mamme (-13,6%). Inoltre il rapporto indica come siano aumentate le mamme in figure apicali o quadre ad abbandonare il lavoro per motivi di conciliazione con le occupazioni famigliari, mentre aumentano le delle madri impiegate nel settore della sanità e dell’assistenza sociale.

Per le donne quasi il 75% delle cause di abbandono del lavoro sono motivate dalla difficoltà di conciliare il lavoro con la cura dei figli, o per ragioni connesse alla indisponibilità di servizi a supporto o per ragioni legate al proprio contesto lavorativo.

Il 61% dei genitori che hanno abbandonato il lavoro nel 2020 ha un figlio, il 32% ne ha due  e il 7% più di due: l’età del figlio più critica rispetto alla conciliazione lavoro-famiglia è quindi quella che va tra i 0 e gli 1 anni, seguita da quella sino ai 3 anni.

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La lezione di vita di Giusy Versace, uno sprone per le Paralimpiadi

Entusiasti dei risultati ottenuti dall’Italia alle Olimpiadi, attendiamo con ottimismo le Paralimpiadi dei prossimi giorni. Nella passate edizioni gli atleti paralimpici italiani  si sono contraddistinti non solo per i traguardi ottenuti, ma anche per il loro carattere e la loro determinazione. Tra questi c’è sicuramente Giusy Versace, campionessa di  atletica, che ha ottenuto buoni risultati nei campionati mondiali di atletica del Qatar del 2015 e ai Giochi di Rio del 2016.

Com’è noto Giusy Versace non è riuscita ad affermarsi solo nello sport. In televisione è stata conduttrice e tutti la ricordano come partecipante nel 2014 alla trasmissione “Ballando con le stelle” in cui trionfò in coppia con il ballerino Raimondo Todaro (e perse in diretta una delle protesi). E dal 2018 siede in parlamento come deputata nelle file di Forza Italia.  Tutti successi molto  importanti, quelli raggiunti da Giusy, soprattutto se consideriamo la sua vicissitudini. Aveva 28 anni quando in seguito a un bruttissimo incidente d’auto perse  entrambe le gambe. Per la ragazza dinamica, bella, solare e sportiva che era, è stato un vero dramma, ma lei con una grande forza di volontà si è “reiventata”,  diventando la donna e l’atleta che conosciamo.

Alcuni mesi fa, ancora una volta, è riuscita a “mettersi a nudo” durante l’intervista che ha rilasciato durante una puntata  del podcast “Retroutopia”. Il format, ideato e realizzato dalla giornalista Cristina Rosso, si basa su interviste a persone famose che a carriera già ben avviata hanno subito una drammatica battuta d’arresto e si sono trovate a ricalibrare la loro vita. “Questo progetto nasce durante l’emergenza sanitaria legata al Covid – dichiara la Rosso – in realtà ha coinvolto fortemente anche la sfera economica e sociale per cui tantissime persone sono rimaste scoraggiate senza intravvedere spiragli per il futuro. La storia di Giusy può senz’altro restituire fiducia a chi si trova all’interno di un ecosistema compromesso, ma pur sempre fertile di aspettative”.

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Potremo vedere la stella di Natale per la prima volta in 800 anni

CHRISTMAS STAR

Questo Natale potremo vedere in cielo una luce simile a quella che videro i Re Magi. L’ultima volta è accaduto nel 1226, la prossima sarà verso il 2080

Per la prima volta dal Medioevo, un raro allineamento astronomico creerà una luce straordinariamente brillante nel cielo. Viene paragonato alla Stella di Betlemme che guidò i Re Magi da Gesù Bambino.

Il fenomeno avrà luogo il 21 dicembre, durante il solstizio d’inverno, quando Giove e Saturno si avvicineranno per creare uno spettacolo unico in cielo.

Un rapporto di Forbes spiega che la congiunzione tra Saturno e Giove si verifica una volta ogni 20 anni, ma quella di quest’anno sarà unica per la posizione della Terra, che farà sì che i due pianeti sembrino ancor più vicini del solito. Nei giorni precedenti il solstizio, i pianeti saranno visibili e sembreranno avvicinarsi l’uno all’altro.

Nell’emisfero nord la congiunzione sarà più visibile dal 16 al 25 dicembre, nell’emisfero sud si vedrà solo il 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno. Quella sera, i due pianeti sembreranno così vicini da assomigliare a una massa enorme. Si creerà una quantità straordinaria di luce che sfiderà quella della luna piena.

Quando bisogna osservare

In una dichiarazione pubblicata dalla Rice University, l’astronomo Patrick Hartigan ha segnalato che l’ultima volta in cui Giove e Saturno sono stati così strettamente allineati è stata il 4 marzo 1226, e ha spiegato che il “pianeta doppio” si vedrà più facilmente sull’orizzonte a sud-ovest.

“Quando il cielo sarà completamente scuro a Houston, ad esempio, la congiunzione sarà ad appena 9 gradi sopra l’orizzonte”, ha detto Hartigan. “Vederla sarebbe possibile se il clima collaborasse e si avesse una vista libera verso sud-ovest”.

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Lo studio. Internet e la sindrome del pesce rosso (la memoria di 8 secondi)

Il sistema digitale ha ridotto la nostra capacità di concentrazione. Ciò ci rende manipolabili e in balia di chi cerca di controllare le nostre pulsioni. Un pericolo per la libertà e la democrazia

Che lo smartphone non fosse del tutto neutrale, un semplice strumento in attesa delle nostre istruzioni, lo avevamo sospettato. Forse il dubbio era sorto quando ci eravamo ritrovati a scorrere compulsivamente Instagram o Facebook senza renderci conto del tempo che passava, o quando ci eravamo lasciati trascinare in una sterile discussione in quel gruppo whatsapp di genitori. E potrebbero essere molti altri gli esempi di situazioni in cui risulta chiaro come il controllo della situazione ci stia sfuggendo di mano.

La semplice presenza di uno strumento tecnologico potente e complesso come uno smartphone facilita certi comportamenti e ne rende più difficili altri. Quindi il mezzo è tutt’altro che neutrale. Ci condiziona. E non poco. Del resto, è stato così per ogni altra innovazione entrata a far parte della nostra quotidianità: il personal computer e Internet innanzitutto.

«Cambia gli strumenti che la gente usa e cambierai la civiltà», diceva Stewart Brand, uno dei pionieri della rivoluzione digitale. Continua a leggere

Ezio Bosso. Da dove nasce la musica

 
di Anna Leonardi 28.03.2018

(dal sito clonline.org)
 
«Il pianoforte è mio fratello. Perché io ho bisogno del rapporto fisico con la musica e lui me lo regala ogni giorno». Ezio Bosso, sbottonato nella parola e nel look – stivaletti, skinny jeans e cinturone di pelle -, non sembra uscire dal mondo compunto della musica classica. Eppure si è esibito nei teatri più prestigiosi come direttore d’orchestra e pianista: dall’Opera House di Sydney alla Carnegie Hall di New York, dalla Royal Festival Hall di Londra alla Scala di Milano. Ha anche firmato colonne sonore per il cinema di Salvatores e il maestro Claudio Abbado gli ha lasciato in eredità l’Associazione Mozart14, di cui è ambasciatore internazionale.

Ma più che ai successi Bosso è attaccato al suo pianoforte che lo ha aiutato a tornare alla musica dopo gli anni di pausa forzata cominciata nel 2011, quando, a 38 anni, subisce un intervento al cervello per un melanoma e scopre anche di avere una grave malattia autoimmune. Ha dovuto ricominciare tutto da zero: esercizi per parlare, per camminare, per muovere le dita. E poi ha dovuto reimparare a suonare. «È come se fossi rinato», racconta sempre. «Il cambiamento del mio corpo mi ha fatto andare ancora più a fondo di ciò che amo fare».

La risalita è stata lenta: tanto buio e silenzio, ma ad un certo punto gli è nato il coraggio di fare quello che non aveva mai fatto. Nel 2015 ha sorpreso il mercato discografico con un doppio cd (The 12th Room) e una tournée da solista. E nel febbraio 2016 anche il grande pubblico lo ha conosciuto per la sua esibizione a Sanremo. Oggi è direttore del Teatro Verdi di Trieste. Il suo pianoforte in questi anni è cambiato con lui: ha subìto varie modifiche per permettergli di suonare pur non potendo più sedersi come prima, e i tasti sono più leggeri, perché le sue dita ora sono più fragili. Per questo, viaggeranno insieme durante il tour estivo in Italia. Un po’ come facevano Rachmaninov e i grandi pianisti del passato. Ma non è un vezzo, è l’esigenza di continuare a suonare. Il dialogo con lui inizia proprio da qui: al pianoforte e sulle note dell’Oratorio di Natale di Bach.

Cos’è la musica per lei?
È la domanda più difficile che esista. La musica è ciò che abbiamo dentro, è ciò in cui esistiamo, in cui ci muoviamo. Il vento che scuote gli alberi, la pioggia sul mare, ma anche la tristezza e la gioia. Il creato è già musicalmente fatto. La musica c’è a prescindere da noi. L’uomo è andato a cercarla per poter scrivere questa grandiosità, per poterla ripetere quando non c’è. Perché la musica, come tutta la bellezza, è una necessità. Quindi la vera domanda non è “cos’è la musica per me?”, ma “cosa posso fare io per la musica?”. Continua a leggere

Il vero vincitore di Sanremo

Paolo Palumbo, 22 anni, sul palco col fratello e il comunicatore – Comunità  di Capodarco

Ieri sera a Sanremo un cantante ha infiammato il pubblico dell’Ariston più di tutti gli altri. Non è stato Zucchero, né Tiziano Ferro con Massimo Ranieri e neanche il ritorno dei Ricchi e poveri. Si tratta di Paolo Palumbo, 22 anni, il più giovane malato di Sla d’Europa.

La malattia l’ha colpito quando aveva solo 17 anni e stava per entrare alla scuola di alta cucina di Gualtiero Marchesi. Su una speciale sedia a rotelle, e grazie a un sintetizzatore vocale, Paolo si è preso il palco di Sanremo, dove ha cantato Io sono Paolo: «Se esiste una speranza ci voglio provare. Per volare mi bastano gli occhi, sono la montagna che va a Maometto, pur restando disteso sul letto… ».

La sua testimonianza carica di speranza e sofferenza ha colpito tutti. E non poteva essere altrimenti. In un’intervista ad Avvenire, ieri, dichiarava: «Il brano che porto è un inno alla vita, scritto con l’obiettivo di spronare chi si arrende al primo ostacolo. Se ho incontrato la musica è grazie alla malattia, all’inizio è stato il modo con cui cercavo di far sentire ciò che provo tutti i giorni combattendo la mia battaglia. Cantare all’Ariston è il regalo più bello che potessi ricevere».

E ancora: «La fede è il mio volo principale, il dono più grande che ho coltivato al giungere della malattia e nel momento più difficile ha salvato la mia anima. Credo profondamente e prego tanto, tutti i giorni. Prego perché i miei sforzi abbiano un senso nell’umanità. Prego ovviamente per i miei cari. Quanto a me, pregare per chiedere la grazia della guarigione sarebbe egoistico: Dio ha un disegno per tutti noi, se sono in questa condizione c’è un motivo preciso e questa consapevolezza mi basta».

A prescindere da come andrà la gara musicale, Paolo Palumbo con la sua canzone ha già vinto Sanremo.

Clicca qui per il video

(fonte: tempi.it)

L’attimo Fuggente

 
Ieri sera ho rivisto L’attimo fuggente. La prima volta lo avevo visto a 18 anni, ma è proprio vero che rivedere i film dopo tanto tempo aiuta a cogliere maggiormente parole, frasi, sfumature che magari alla prima visione erano passate inosservate. Così è stato ieri per me.
Di seguito condivido un articolo che offre alcuni spunti per riflettere su questo bellissimo film.
Buona lettura.

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“Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre”

di Ignacio Romero

Quando si parla dei film del defunto Robin Williams, “L’attimo fuggente” è sempre uno dei primi della lista. Un vero classico, senza ombra di dubbio. La storia è semplice: John Keating (Robin Williams) è un professore di letteratura della prestigiosa accademia Welton. Attraverso la poesia ispira i suoi alunni a pensare con la propria testa e non con gli standard imposti dal mondo. I giovani sono portati a fare cose che non avrebbero mai pensato di poter fare.

Sebbene il film sia del 1989, a mio avviso ci sono degli elementi molto attuali che servono ad illustrare una realtà che continua ad esserci anche al giorno d’oggi. Continua a leggere

Scienziati choc “Emergenza clima? Ridurre nascite”

Maestra sgrida alunni

Gli scienziati di tutto il mondo chiedono la riduzione programmata della popolazione mondiale a fronte dell’emergenza climatica
 
di Paolo Vites,  Il Sussidiario, 07.11.2019
 
Quando chi si preoccupa del bene e del futuro del mondo propone, come soluzione, la riduzione delle nascite, vuol dire che si è arrivati al suicidio organizzato e pianificato della razza umana. Invece di essere una soluzione è un omicidio. E’ l’allarme lanciato da ben 11.258 scienziati di tutto il mondo in una “lettera di avvertimento” per l’emergenza climatica, che propone come risposta “la riduzione graduale della popolazione mondiale”. Non è un film di fantascienza, ma è la scienza, tanto lodata perché dovrebbe risolvere ogni problema. La lettera è stata pubblicata nei giorni scorsi sulla rivista BioScience, firmata da oltre 11mila scienziati di 153 paesi al mondo. Nella dichiarazione, i firmatari hanno elencato sia la crescita economica che un aumento della popolazione globale come “tra i più importanti fattori di aumento delle emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di combustibili fossili”. Il rapporto chiede “trasformazioni audaci e drastiche riguardo alle politiche economiche e demografiche”. Hitler si sarebbe congratulato con loro, d’altro canto aveva messo in atto un piano analogo. Il documento non tiene minimamente conto dei milioni di poveri, soprattutto bambini, che muoiono ogni anno di stenti e di fame tanto che viene da pensare che l’incapacità di risolvere questo problema faccia parte di un piano preciso per ridurre la popolazione, e non si tiene neanche conto che nei paesi più ricchi la natalità è arrivata in molti casi, ad esempio in Italia, a livello zero. Cioè non si mettono più al mondo i figli. Sotto accusa allora come sempre quei fastidiosi popoli del terzo mondo che nonostante la povertà “si ostinano” a fare figli. La popolazione globale sta aumentando di 80 milioni di persone all’anno, afferma la dichiarazione, ed è un fattore chiave del cambiamento climatico.  Continua a leggere