L’arte di educare

“Quello che deve starci a cuore, nell’educazione, è che nei nostri figli non venga mai meno l’amore alla vita. Esso può prendere diverse forme, e a volte un ragazzo svogliato, solitario e schivo non è senza amore per la vita, né oppresso dalla paura di vivere, ma semplicemente in stato di attesa, intento a preparare se stesso alla propria vocazione. E che cos’è la vocazione di un essere umano, se non la più alta espressione del suo amore per la vita? Noi dobbiamo allora aspettare, accanto a lui, che la sua vocazione si svegli, e prenda corpo. Il suo atteggiamento può assomigliare a quello della talpa o della lucertola, che se ne sta immobile, fingendosi morta: ma in realtà fiuta e spia la traccia dell’insetto, sul quale si getterà con un balzo. Accanto a lui, ma in silenzio e un poco in disparte, noi dobbiamo aspettare lo scatto del suo spirito. Non dobbiamo pretendere nulla: non dobbiamo chiedere o sperare che sia un genio, un artista, un eroe o un santo; eppure dobbiamo essere disposti a tutto; la nostra attesa e la nostra pazienza deve contenere la possibilità del più alto e del più modesto destino”.

(N. Ginzburg, Le piccole virtù)

Civil Week Lab, D’Avenia: «Non togliamo ai giovani il desiderio, li rende vivi»

Civil Week Lab, D'Avenia: «Basta burocrazia. I ragazzi hanno bisogno di  cura»| Guarda qui la sintesi della lectio- Corriere.it

Lo scrittore e giornalista Alessandro D’Avenia ha tenuto, qualche giorno fa, una bellissima lectio sui giovani come protagonisti del cambiamento.

L’incontro, tenuto alla Bocconi, ha aperto la Civil Week Lab, l’evento del Corriere della Sera dedicato al senso civico e alla cittadinanza attiva.

Ecco il video del suo intervento:

(fonte: Corriere della Sera)

L’attimo Fuggente

 
Ieri sera ho rivisto L’attimo fuggente. La prima volta lo avevo visto a 18 anni, ma è proprio vero che rivedere i film dopo tanto tempo aiuta a cogliere maggiormente parole, frasi, sfumature che magari alla prima visione erano passate inosservate. Così è stato ieri per me.
Di seguito condivido un articolo che offre alcuni spunti per riflettere su questo bellissimo film.
Buona lettura.

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“Solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre così e così sarà per sempre”

di Ignacio Romero

Quando si parla dei film del defunto Robin Williams, “L’attimo fuggente” è sempre uno dei primi della lista. Un vero classico, senza ombra di dubbio. La storia è semplice: John Keating (Robin Williams) è un professore di letteratura della prestigiosa accademia Welton. Attraverso la poesia ispira i suoi alunni a pensare con la propria testa e non con gli standard imposti dal mondo. I giovani sono portati a fare cose che non avrebbero mai pensato di poter fare.

Sebbene il film sia del 1989, a mio avviso ci sono degli elementi molto attuali che servono ad illustrare una realtà che continua ad esserci anche al giorno d’oggi. Continua a leggere

Imparare la filosofia dalla corsa

Sport, partecipazione politica, giovani: il filosofo Luca Grion lancia a In Terris un nuovo “umanesimo”
 
“La fatica non è mai sprecata” soleva ripetere Pietro Mennea. E così accade che lo sport, più di altre attività umane, possa indurci a riflettere sulle caratteristiche dell’esistenza. Ne è convinto Luca Grion, Professore associato di Filosofia Morale presso l’Università degli studi di Udine, presidente dell’Istituto Jacques Maritain e direttore della rivista di filosofia Anthropologica. Podista amatore, per Grion la corsa è l’occasione per soffermarsi a pensare a se stessi, ai limiti certo, ma anche ai traguardi che si ottengono puntando a quello che lui stesso chiama “bene arduo”. In un mondo sempre più dominato da una visione economico-commerciale dello sport, egli ne sonda il potenziale umano, che può insegnare ai bambini tanto quanto agli adulti. Grion ha deciso di mettere nero su bianco le sue riflessioni da filosofo-podista nel libro “La filosofia del running spiegata a passo di corsa” edito da Mimesis Edizioni: Perché correre? Cosa possiamo imparare dai chilometri che ogni giorno percorriamo sotto la pioggia o alle prime luci del mattino? A In Terris Luca Grion ha provato a dare una risposta a questi e altri interrogrativi, per una riflessione che riguarda il nostro stare al mondo.

Luca, come sei arrivato a studiare filosofia morale?
“Fin da adolescente, ero sempre molto curioso rispetto alla domanda di senso Perché vivere? Che senso ha la vita? e nella filosofia cercavo queste risposte. Inizialmente, queste domande sono state deluse – c’è stato un momento, nei primi anni dei miei studi, in cui pensavo che avrei fatto altro – perché ho incontrato erudizione e scetticismo davanti a queste domande che mi stavano a cuore. Ma poi, come spesso capita nella vita, ho trovato un insegnante speciale che è stato un po’ il mio maestro: il compianto Prof. Paolo Gregoretti mi ha mostrato che si poteva stare in università in un modo diverso, serbando attenzione verso gli studenti, capace di assecondare le loro domande, e questo mi ha fatto crescere la voglia di essere un po’ come lui. Per me lui è stato l’esempio concreto di come l’università possa essere luogo di incontro e di crescita e non solo rifugio per ego ipertrofici e teatro di sterili rivalità. Questo ha, senz’altro, fatto emergere in me la vocazione di fare ricerca in un certo modo”. Continua a leggere

Perché il liceo classico è il migliore investimento che si possa fare su un figlio

Un professore ha scritto un libro in difesa del liceo più formativo del nostro sistema educativo spiegando perché studiare greco e latino significa formarsi per il futuro e non guardare al passato
 
(fonte: wired.it)
 
Tra le molte cose che sono cambiate, nelle abitudini educative dei genitori italiani, c’è il paradigma della spendibilità. Se fino a pochi anni fa, infatti, i genitori costruivano spesso per i figli la possibilità di scoprire e sperimentare il mondo attraverso le libere espressioni ( corsi di teatro, di disegno, di musica, di fumetto ), adesso sembra che anche il tempo libero dei bambini debba essere “professionalizzante”. Ecco quindi che chiudono le scuole di musica e aprono centinaia di corsi di inglese madrelingua, informatica per bambini, sport agonistici e addirittura corsi di coding e programmazione.

Una scelta, quella di legare il tempo dei bambini e dei ragazzi all’idea dell’investimento il più possibile produttivo, che si riflette anche nell’iscrizione alle scuole superiori. Il costante calo delle presenze al liceo classico, sembra potersi leggere anche all’interno di questa prospettiva: perché perdere tempo a sudare sulle versioni di latino e greco, che “non servono”? – dicono molti genitori.
Meglio utilizzare i cinque anni precedenti alla maggiore età per specializzarsi in un ambito richiesto dal mondo del lavoro (su tutti, il caso dell’aumento vertiginoso di iscrizioni agli istituti alberghieri, che hanno doppiato, come riportato dal Miur, gli altri istituti tecnici) oppure per gettare le basi per una carriera in ambito scientifico.

All’interno di questo stravolgimento, a fare la parte della cenerentola non invitata al ballo, è proprio il liceo classico: quella che per oltre un secolo è stata la scuola della classe dirigente, vive un momento di abbandono diffuso.
Ne parla Federico Condello – docente di filologia a Bologna – nel suo recente La scuola giusta. In difesa del liceo classico (Mondadori). Continua a leggere

I ragazzi vanno sedotti con la cultura

Umberto Galimberti, intervistato da Danilo D’Angelo per Byoblu, suggerisce di innalzare il limite della scuola dell’obbligo e di puntare sulla lettura. Ecco la trascrizione dell’intervista radiofonica:

“Per me fino a 18 anni bisogna tenere una scuola dell’obbligo, inevitabilmente. E i ragazzi vanno in qualche modo sedotti… sedotti con la cultura. Allora vanno a scuola volentieri. Se tu insegni la “Divina Commedia” come ce la raccontava Benigni, magari qualcuno studia anche la “Divina commedia”. Se invece c’è lì un professore che ti chiede la Battaglia di Campaldino, dov’era Campaldino, allora non ti studia più la “Divina Commedia”. Quindi la scuola dell’obbligo fatta bene, fino a 18 anni e poi insistere a far leggere libri alle persone.

Dalle lettere che ho ricevuto dagli studenti, mi sono reso conto che in una classe a leggere sono due o tre! Due o tre! Gli altri fanno le interrogazioni tirando giù quattro informazioni da Google. Fine. Noi italiani siamo all’ultimo posto in Europa per la comprensione di un testo scritto. Ciò vuol dire che uno legge e non capisce. Esiste un analfabetismo di ritorno aiutato anche dall’informatica che riduce il linguaggio a 50 parole e oltre quelle non ne sai più.
Solo che se hai poche parole in bocca non è che hai tanti pensieri in testa, perché i pensieri sono proporzionali alle parole che hai. Io non posso pensare una cosa di cui non ho la parola. E se ho poche parole penso poco. E quando un popolo pensa poco è incolto come siamo noi italiani… Basti pensare che il giornale più diffuso è “La gazzetta dello sport” (detto tutto)”.

(fonte: portalebambini.it)

 

Denis non vede, la classe studia il Braille. «È lui che ci ha insegnato a crescere»

Denis non vede, la classe studia il Braille. «È lui che ci ha insegnato a crescere»

All’inizio erano calci, pugni, urla. Avvicinare Denis, in prima elementare, era quasi impossibile: «Mio figlio tornava a casa e mi raccontava che c’era questo bambino che non vedeva, e lui e gli altri erano tanto dispiaciuti, perché non riuscivano a parlare con lui, a coinvolgerlo, a giocarci», racconta oggi Francesca Lanari, madre di Jason, che come Denis frequenta la V C dell’istituto comprensivo di Bedizzole, nel Bresciano.

È stata lei a scrivere una lettera commossa al ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, anticipata al Corriere, per raccontare la storia del «bambino magico»: sono passati 4 anni da quei primi mesi difficili e ora Denis, ipovedente dalla nascita, è «un bambino dolcissimo, che in questi 5 anni ci ha insegnato a crescere, a conoscere e affrontare la vita con sfumature diverse», molto diverso da quel piccolo recalcitrante, taciturno e diffidente che non voleva neanche entrare in classe.

La trasformazione avvenuta in questi anni non è stata solo frutto di tanta pazienza «da parte di tutti i genitori e bambini, nessuno escluso». C’è una bacchetta magica dietro questo cambiamento ed è quella dell’insegnante di lettere, Maria Grazia Saccà, che ha intuito come avvicinarsi a Denis: «Al di là dell’insegnante di sostegno, ho organizzato laboratori sull’utilizzo delle sensazioni, giochi bendati così che tutti i bambini capissero cosa provava, lavori di gruppo in modo che si sentisse coinvolto: dicono che sono stata brava, ma ho fatto solo il mio dovere, spinta dai miei alunni», si schermisce. E sono stati sempre i bambini a chiedere di imparare il codice Braille, il linguaggio usato da Denis: una sfida da cui è nato il libricino dedicato a drago alfabeto, il mostro buono che, con le fiamme, riesce a far esplodere le lettere dell’alfabeto e farle diventare puntini, ovvero lettere in braille. «Per i bambini non ci sono ostacoli o barriere che non si possono superare na solo opportunità da scoprire, imparare, miracoli da compiere», scrive Francesca.  Continua a leggere

Quanto fa dieci diviso tre?

Insegnare significa stare davanti agli studenti avendo a cuore la loro vita, cercando di aiutarli a guardare la realtà: una testimonianza da Washington.
 
di Roberto Amoruso
 
Le esperienze di educazione quest’anno sono state una provocazione costante. La domanda che sorge di frequente è che cosa diventi la realtà una volta che è guardata con coscienza. Per alcuni ragazzi, la condizione più naturale sembra essere quella virtuale: gruppi virtuali, amicizie virtuali, giochi dove con formazioni militari virtuali si combattono le guerre. Ma arriva il momento in cui devono stare davanti ad una realtà che non è virtuale, che li provoca, li cambia, chiede un rapporto reale e un confronto con ciò che non conoscono e che spesso non vogliono conoscere.

All’inizio dell’anno, uno dei miei ragazzi del primo anno di liceo, Shawn, non voleva neanche che io pregassi per la loro felicità o che pronunciassi la parola amore. Diceva che erano cose astratte. Per alcuni di loro, la realtà della famiglia è così tragica che anche la parola felicità fa paura. Ci sono volute alcune settimane perché se ne potesse parlare in classe. Ho dovuto metterlo davanti al fatto che, insegnando Sacra Scrittura, se ne sarebbe parlato spesso. Così, dai pensieri astratti e dalla realtà tragica, che sembra dire l’ultima parola, siamo pian piano passati ad una realtà misteriosa, sempre presente e amante. Dalla tragedia al mistero. Chissà se i greci, incontrando il cristianesimo, hanno dovuto fare lo stesso passo. Ma lo sguardo perso non era più solo quello di Shawn: l’incontro con la persona di Gesù, infatti, non era in programma. L’educazione che viene nelle scuole statali è per lo più accademica. Nella scuola dove insegno, invece, ciascun insegnante è davanti agli studenti avendo a cuore la loro vita e la loro educazione. Il fatto che all’inizio di ogni lezione si preghi per le loro famiglie, per la loro vita, piano piano li abbraccia e li accompagna.

La scorsa settimana abbiamo discusso di come i cinque sensi siano fondamentali per la realtà fisica. Quando ne manca uno, cominciano i problemi. Se ne mancano due, la vita diventa molto difficile. Se mancassero tutti e cinque, sarebbe impossibile. Ho chiesto loro che cosa, nel mondo spirituale, giochi il ruolo dei cinque sensi. Dopo qualche tentativo e un po’ di aiuti, un ragazzo è arrivato a dire: la fede. Così ci siamo avventurati in questo nuovo mondo, un po’ come a tentoni, come aprendo gli occhi per la prima volta in un luogo ancora buio. Una volta entrati in questa sorta di nuova dimensione, hanno capito che, se lì c’è qualcuno, sarebbe meglio comunicare. Hanno così fatto i primi passi verso la preghiera, scoprendo la possibilità di un dialogo reale. Continua a leggere

Arriva nelle sale «La mia seconda volta», ispirato alla storia di Giorgia Benusiglio

Distribuito da Dominus Production, arriva nelle sale il film “La mia seconda volta” di Alberto Gelpi con Luca Ward, Simone Riccioni e Aurora Ruffino. Un progetto con le scuole per sensibilizzare i giovani sui pericoli dell’assunzione di droghe.
 

(Corriere della sera, 26.02.19)
 
Uscirà il 21 marzo nelle sale italiane «La mia seconda volta», il film ispirato alla storia vera di Giorgia Benusiglio, giovane ragazza che ingerì una pasticca di ecstasy mettendo in pericolo la propria vita. L’opera di Alberto Gelpi con Aurora Ruffino, Simone Riccioni, Mariachiara Di Mitri, Federico Russo, Ludovica Bizzaglia, Luca Ward, Isabel Russinova, Daniela Poggi racconta una storia di rinascita e di crescita attraverso la protagonista e i suoi amici, con il fine di sensibilizzare i giovani e le famiglie sui pericoli della droga.
 
Proiezioni dedicate alle scuole

Il film lancia un messaggio positivo e di speranza: la vita ci dà sempre una seconda possibilità, l’importante è saperla cogliere. Prima dell’uscita ufficiale verranno organizzate delle anteprime in oltre 50 città italiane già fissate, con dei matinée dedicati alle scuole. A seguire il cast incontrerà i ragazzi per parlare del tema dei pericoli della droga: «Un film sulle conseguenze – spiega il regista Alberto Gelpi – uno spunto di riflessione lasciato ai ragazzi e agli adulti, che non intende fare moralismi nè lanciare insegnamenti a tutti i costi. Un quadro il più possibile oggettivo che ogni spettatore potrà guardare per farsi una propria idea». Continua a leggere

Nasce “Artonauti”, il primo album di figurine per i bambini dedicato alla storia dell’arte

La società Wizart S.r.l.i.s, in collaborazione con la casa editrice La Spiga Edizioni e con il sostegno di Fondazione Cariplo, dànno vita a un nuovo album di figurine appositamente pensato per i bambini dai 7 agli 11 anni: si tratta di Artonauti. Le figurine dell’arte, ed è il primo album in Italia e nel mondo interamente dedicato alla storia dell’arte.

L’album, che sarà disponibile in edicola dal 15 marzo (costerà 3 euro, e insieme all’album ci saranno anche 3 pacchetti di figurine omaggio), non è soltanto una raccolta: è la storia di due bambini e un cane (Ale, Morgana e Argo) che compiono un viaggio nel tempo alla scoperta dei grandi capolavori dell’arte. Le figurine andranno a comporre dipinti, sculture, affreschi, svelandone i particolari. E la cosa interessante è che con il meccanismo dello scambio delle figurine a cui tutti abbiamo giocato, i bambini riusciranno a familiarizzare con le opere e con gli artisti. Oltre alle figurine, ci saranno anche piccoli aneddoti, giochi, indovinelli, e curiosità, in un viaggio che parte dalle grotte di Lascaux e attraverso gli egizi, i greci e i romani, arriverà fino al Novecento passando attraverso l’arte di Giotto, del Rinascimento (Botticelli, Michelangelo, Leonardo, Raffaello), degli impressionisti, di van Gogh. Grazie a questo album, i bambini avranno dunque l’opportunità di cominciare a imparare la storia dell’arte giocando e divertendosi.

L’album è composto da 64 pagine che contengono un racconto introduttivo, 28 illustrazioni, 65 opere d’arte, 20 quiz e indovinelli e 2 pagine di giochi. Per completare l’album occorrono 216 figurine. Ogni pacchetto contiene 5 figurine e una Twin Card. Collezionando tutte le 25 coppie di Twin Card, i bambini le mischieranno coperte per divertirsi con il tipico gioco di memoria, scoprendole due a due. Ciascuna coppia di carte “gemelle” raffigura un’opera d’arte contenuta nell’album. Continua a leggere