
Vorrei commentare
Vorrei commentare la notizia, circolata qualche giorno fa, riguardante i due bioeticisti italiani, Alberto Giubilini e Francesca Minerva, autori di un articolo dall’incredibile titolo “Aborto dopo la nascita, perche’ il bambino dovrebbe vivere?” pubblicato su un giornale scientifico di rilievo, il Journal of Medical Ethics.
Di solito quando sento notizie particolarmente surreali come queste, preferisco attendere qualche giorno nella speranza che intervenga nel frattempo una smentita o altro che possa farmi realizzare che si trattava solo di una fake news. Purtroppo la notizia pare sia vera.
I due studiosi, che lavorano all’Università di Melbourne in Australia, scrivono nel loro articolo quanto segue: al pari del feto, il neonato non ha lo status morale di una reale persona umana; sia il feto che il neonato sono da considerarsi solo potenzialmente persone, pertanto l’aborto dopo la nascita (cioè l’infanticidio, ossia l’uccisione di un neonato) dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui è permesso l’aborto, inclusi i casi in cui il neonato non è portatore di disabilità. Ci sarebbe l’adozione, ma questa può essere un trauma per la madre; l’infanticidio invece può essere la soluzione migliore perché non dà i sensi di colpa di una scelta reversibile come l’adozione.
Ecco alcune “perle” dell’articolo:
“Noi affermiamo” – scrivono chiaro e tondo i due autori – che l’uccisione di un neonato potrebbe essere eticamente ammissibile in tutte le circostanze in cui lo e’ l’aborto. Tali circostanze includono i casi in cui il neonato ha il potenziale per avere una vita (almeno) accettabile, ma il benessere della famiglia è a rischio”.
“Se i criteri come i costi (sociali, psicologici, economici) per i potenziali genitori sono buone ragioni per avere un aborto anche quando il feto e’ sano, se lo status morale del neonato è lo stesso di quello del bambino e se non ha alcun valore morale il fatto di essere una persona potenziale, le stesse ragioni che giustificano l’aborto dovrebbero anche giustificare l’uccisione della persona potenziale quando è allo stadio di un neonato”.
Quanto tempo dopo la nascita è “eticamente lecito” uccidere i bambini? Giubilini e Minerva lasciano questa domanda a neurologi e psicologi, ma secondo loro “ci vogliono almeno un paio di settimane perche’ il bambino diventi auto-cosciente. A quel punto da persona potenziale diventa una persona, e l’infanticidio non e’ piu’ consentito”. [QUI la traduzione in italiano del testo completo].
Come dice il neurologo Gian Luigi Gigli su Avvenire di qualche giorno fa, “sembra il trailer di un film dell’orrore”. Sono parole a dir poco deliranti, spaventose, anche se si tratta in realtà di teorie non nuove. Altri, infatti, hanno già sostenuto la liceità dell’infanticidio, come il bioeticista Peter Singer (Vedi qui).
Il ragionamento dei due ricercatori, in fondo, non fa una piega: se il feto non è persona, non lo è nemmeno due secondi dopo, per il semplice fatto di essere nato. Cosa cambia tra prima e dopo? Nascituro e neonato non sono dissimili nelle loro qualità essenziali. Non c’è alcuna differenza o stacco qualitativo su cui si possa basare una diversa valutazione morale e giuridica della loro soppressione.
I due “scienziati” teorizzano che la legittimazione diffusa dell’aborto dovrebbe allargarsi all’infanticidio, anziché invertire il percorso comprendendo che la tutela della vita già nata dovrebbe estendersi al non ancora nato. Ma, paradossalmente, confermano senza giri di parole quello che troppi dimenticano: cioè che l’aborto è la soppressione di un essere umano, pari alla soppressione perpetrata dopo la nascita.
Giubilini e Minerva (che sono pro-choice, cioè favorevoli all’aborto) hanno ammesso con candore una verità, anche se aberrante. Tutte le bugie, le tesi anti-scientifiche, gli eufemismi da sempre usati per promuovere l’aborto, ora cadono miseramente, mostrando il vero volto della cultura sottostante: ovvero quella visione materialista che considera la vita umana non più come dono, non più dotata di valore in sé, di quella dignità profonda che la rende intangibile e meritevole di rispetto, bensì come qualcosa di funzionale alla propria utilità o ai propri desideri e, conseguentemente, da manipolare a piacimento.
Nonostante lo scalpore e lo sdegno che suscitano in tutti noi, queste tesi dovrebbero dunque far riflettere.
La speranza è che, come a volte succede, notizie così sconvolgenti possano almeno servire per risalire all’errore di partenza. L’alternativa è la deriva totale verso la barbarie.
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