La Bibbia dice la verità. E due nuove scoperte lo dimostrano

Due scoperte che dimostrano come la Bibbia abbia raccontato quel che è veramente accaduto.

La clamorosa sentenza arriva, prima di tutto, da Israele, dove gli archeologi dell’Israel Antiquities Authority hanno effettuato una scoperta rivoluzionaria.

Gli scavi nella Città di David, il primo storico insediamento di Gerusalemme, dimostrano che la descrizione dell’incendio della capitale di Israele contenuta nell’Antico Testamento ha validità da un punto di vista scientifico, e quanto si legge nei versetti sarebbe proprio accaduto per davvero (tv.liberoquotidiano.it, 7 agosto).

REPERTI DEL 600 A.C.

Gli scavi hanno portato alla luce una serie di reperti e artefatti datati 600 avanti Cristo, ritrovati bruciati.

Come spiega HuffingtonPost.it (7 agosto), si tratta di semi di vite, legno, ceramiche, ossa bruciacchiate, tutto ricoperto di cenere. La datazione è stata resa possibile dai sigilli visibili sopra gli oggetti, «caratteristici del periodo di costruzione del Primo Tempio», come ha spiegato il capo-archeologo Joe Uziel. Continua a leggere

Psicologia e cristianesimo, un ottimo libro ne ricostruisce i rapporti

recensione libro

di Stefano Parenti*
*psicologo e psicoterapeuta
 
Un cristiano che voglia leggersi un buon libro di psicologia è costretto ad attuare una preventiva opera di discernimento. Deve valutare non solo i contenuti che l’autore propone, come è bene per qualsiasi tipo di lettura, ma anche le premesse, sovente implicite, che lo scritto porta con sé. Ovvero l’idea di uomo e di mondo che lo scrittore veicola attraverso le sue riflessioni.

A differenza di altri campi del sapere, in psicologia la concezione dell’uomo e della realtà costituisce un fondamento decisivo per lo sviluppo di qualsiasi discorso psicologico, ovvero sull’uomo e sulla realtà. Se, ad esempio, ritengo che le persone non siano altro che esseri poco più evoluti degli animali, descriverò i loro comportamenti come esito di dinamiche animalesche. L’amore sarà quindi il termine di un istinto, la famiglia la conseguenza di un impulso sessuale, l’amicizia una necessità utilitaristica di autoconservazione, ecc. È difficile trovare un buon libro di psicologia. Anche gli autori che si dichiarano cattolici corrono il rischio di veicolare idee aliene alla concezione cristiana dell’uomo poiché, consapevolmente o incoscientemente, approfonditamente o superficialmente, assumono le prospettive delle psicologie contemporanee. Continua a leggere

La complessità del concreto

Nello snervante comodo della vita moderna la massa delle regole che danno consistenza alla vita si è spappolata; […] la maggior parte delle fatiche che imponeva il mondo cosmico sono scomparse e con esse è scomparso anche lo sforzo creativo delle personalità […]. La frontiera del bene e del male è svanita. […] Ci siamo confinati nelle ASTRAZIONI anziché andare incontro alla realtà concreta. Certo, è difficile cogliere la realtà concreta e il nostro spirito sceglie il minimo sforzo. Forse la pigrizia naturale dell’uomo gli suggerisce la semplicità dell’astratto anziché la complessità del concreto. È meno arduo salmodiare formule o sonnecchiare sui principi che cercare laboriosamente come sono fatte le cose e quale sia il metodo per servirsene. Osservare è meno facile che ragionare. È risaputo che poca osservazione e molto ragionamento sono causa di errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità. Ma sono assai più gli spiriti capaci di costruire un sillogismo che quelli che sanno cogliere esattamente il concreto.

(Alexis Carrel, da “Riflessioni sulla condotta della vita”)

«Anche per me, matematico, la grande sfida è l’umiltà evangelica»

matematica vangelo

di Francesco Malaspina*
*docente di Geometria algebrica presso il Politecnico di Torino

(da UCCR)
 
Il matematico non può che essere profondamente umile. Uscito dal liceo avevo certamente la percezione di conoscere parecchia matematica. Ora, dopo diciannove anni passati a studiarla intensamente mi pare davvero di saperne molto meno di allora. La sua bellezza e la sua vastità mi hanno riempito di meraviglia e stupore e hanno saputo dissolvere quei confini che credevo di intravedere.

Noi che la investighiamo possiamo solo sperare di scalfire l’immensità della matematica proprio come nessun teologo potrà mai penetrare completamente il Mistero di Cristo. Il kerigma del Cristo Risorto è un mistero talmente immenso che non finiremo mai di cercare di comprenderlo. Inoltre la fede non è qualcosa di acquisito una volta per tutte, non si vive di rendita. La fede va alimentata continuamente proprio come la ricerca scientifica ha bisogno di uno studio costante. Lo studioso di qualunque scienza non può che essere profondamente umile e fare proprio il motto di Socrate: “So di non sapere”. Continua a leggere

L’astrofisico. «Il fascino delle stelle e la religiosità»

La celeberrima «Notte stellata» di Van Gogh sarebbe stata dipinta all’alba del 19 giugno 1889 dall’ospedale Saint-Rémy de Provence

 
Marco Bersanelli: per la prima volta dalla nascita dell’uomo, la nostra generazione non sembra più desiderosa di alzare gli occhi al cielo.
 
Ormai non ci sorprende più un cielo stellato, eppure fermarsi e alzare lo sguardo in una notte buia e limpida è un gesto iscritto dentro di noi se era già comune agli uomini delle caverne. Abbiamo smesso di “desiderare”: un verbo che non a caso rimanda alle stelle (dal latino de-sidera). Ma non possiamo farne a meno perché sentiamo forte la mancanza di qualcosa più grande di noi. È allora suggestivo il percorso tracciato da Marco Bersanelli, uno che di astri se ne intende, nel libro Il grande spettacolo del cielo. Otto visioni dell’universo dall’antichità ai nostri giorni( Sperling & Kupfer, pp. 288, euro 18). Continua a leggere

Negare la possibilità del miracolo è ghigliottina ideologica, non razionalità

materialismo e razionalità

(da UCCR)
 
Molte volte, davanti a eventi inspiegabili, si sente parlare di miracolo. Si tratta sempre di questo oppure di fatti, che, seppur sorprendenti, rientrano nella sfera delle leggi di natura?

Davanti a fenomeni straordinari, come, per esempio, guarigioni improvvise da malattie gravi, per un credente non è difficile pensare ad un intervento diretto di Dio.

Diversamente, per un non credente, la cosa può complicarsi a tal punto, che il miracolo va negato o ridicolizzato, poiché è qualcosa che smuove e, a volte, sradica la persona dalle proprie certezze, dal suo milieu. È qualcosa che minaccia lo status quo. Ed ecco che si ricorre alle più svariate ipotesi, che vanno dalla suggestione alla guarigione spontanea. Fenomeni, questi, che possono essere, a volte, la spiegazione più plausibile ma, altre volte, sono solo goffi espedienti, con cui si cerca di spostare il problema, per togliersi dall’imbarazzo di un Dio troppo ingombrante per il proprio io. Continua a leggere

Cosa significa tornare alla vita dopo la “premorte”: parla il cardiologo che studia la “quasi morte”

Intervista all’olandese Pim van Lommel
 
Dalla morte non si ritorna ma dalla “premorte” in alcuni casi sembrerebbe di sì e il percorso a ritroso verso questo mondo cambia per sempre il viaggiatore che diventa più empatico e fiducioso nel senso ultimo della vita. Questo è almeno ciò che pensa Pim van Lommel, cardiologo olandese, che ha dedicato la vita a studiare i fenomeni di Nde (Near Death Experience), esperienza di prossimità con la morte possibili specialmente negli stati di coma temporaneo o di arresto cardiaco. Nel suo libro “La coscienza oltre la vita” (Edizioni Amrita) fa una rassegna delle varie tipologie di Nde che spesso consistono in una sensazione rinfrancante di passaggio attraverso un tunnel, in direzione di una luce, altre volte sembrano permettere di osservarsi fuori da se stessi come in un sogno. Van Lommel, insieme con alcuni colleghi, ha pubblicato su questi eventi un pionieristico e controverso studio su “Lancet” nel 2001. Continua a leggere

La matematica e Dio, il pensiero dei grandi matematici del ‘900

(da documentazione.info)
 
La matematica è il linguaggio di Dio? Per molti la risposta è positiva, per altri è una semplice costante nell’universo. Si parla spesso del rapporto tra scienza e fede o delle convinzioni religiose dei grandi scienziati del passato. Da Newton, convinto assertore dell’esistenza di Dio ed al tempo stesso contestatore della Trinità, fino ad Einstein, apparentemente deista in base a certe citazioni, apparentemente spinoziano in base ad altre. Sembra però che ben più raramente si parli delle convinzioni religiose dei grandi matematici. In questo articolo esponiamo brevemente il rapporto con Dio e con la religione di alcuni dei più rilevanti matematici del ‘900, soffermandoci anche sugli aspetti pittoreschi del pensiero di alcuni di loro.

Pál Erdős
Uno dei matematici più prolifici della storia (secondo forse soltanto ad Eulero), degno di nota per la sua precocità e per il suo stile di vita “vagabondo” e stacanovista. Erdős è stato considerato da alcuni un disteista a motivo del suo parlare di un essere con caratteristiche simil-divine da lui chiamato “Il Sommo Fascista”, che accusava di nascondergli i calzini e di volere il male dell’umanità. Erdős spiegò che il Sommo Fascista era in realtà un personaggio immaginario parte di un gioco da lui inventato. Continua a leggere

Il fisico Steven Weinberg e la sorprendente nostalgia di Dio

fisica atei

Certamente uno dei principali fisici teorici viventi è Steven Weinberg, premio Nobel (1979) e titolatissimo accademico americano. Tra i suoi meriti principali quello di aver enormemente contribuito all’elaborazione della teoria elettrodebole.

Weinberg è anche spesso citato dai critici del teismo e del cristianesimo in quanto dichiaratamente ateo, autore di questa famosissima frase: «Quanto più l’universo ci appare comprensibile, tanto più ci appare senza scopo» (S. Weinberg, “The First Three Minutes: A Modern View of the Origin of the Universe”, Basic Books 1977). Ovvero, con il procedere della scoperte scientifiche, diminuirebbe sempre più la percezione di uno scopo della vita e dell’universo.

Rispettiamo questo punto di vista, ricordando soltanto però che si tratta semplicemente di una opzione filosofica da lui semplicemente scelta: nessun dato naturale e/o scientifico ci costringe o porta necessariamente ad abbracciare questo estremo nichilismo. Continua a leggere

Libero arbitrio, se le neuroscienze tornano a sostenerlo

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Facendo leva sugli esperimenti pionieristici dello scienziato americano Benjamin Libet, già negli anni ’80, si è diffusa la convinzione che le neuroscienze avessero decretato l’illusione della consapevolezza umana, della volontà cosciente e del libero arbitrio.

Infatti, dopo aver chiesto a soggetti normali di eseguire semplici movimenti con un dito e di giudicare retrospettivamente il momento esatto in cui ne diventavano consapevoli, si scoprì sorprendentemente che il momento della consapevolezza precedeva l’inizio effettivo del movimento di 50-80 millisecondi. Ovvero, il nostro cervello prenderebbe decisioni prima che noi diventiamo consapevoli di volerle coscientemente fare, ricostruendo post hoc la decisione consapevole. Conferme arrivarono da Haggard e Eimer (1999) e da John-Dylan Haynes del Max Planck Institute di Berlino.

I neo-positivisti hanno presto esultato scrivendo articoli e libri sulla morte della libertà dell’uomo -quindi di Dio-, mossi da spinte teologiche (o, meglio, a-teologiche). Il filosofo neo-ateo Daniel Dennett è il più noto di questi esponenti, seguito dallo psicologo americano Daniel Wegner che ha scritto: «Ciascuno di noi sembra possedere la volontà cosciente, di avere dei sé. Continua a leggere