Una storia straordinaria: Ludwig Guttmann, ideatore delle Paralimpiadi

Ludwig Gutmann (1899-1980)

Nell’ambito delle iniziative organizzate dal Movimento per la Vita Ambrosiano per celebrare la Giornata per la Vita 2022, si è svolto ieri, sulla piattaforma Zoom, un incontro con lo scrittore Roberto Riccardi. Al centro dell’incontro la presentazione del suo libro Un cuore da campione. Storia di Ludwig Guttmann inventore delle Paralimpiadi (Firenze, Giuntina, 2021, pagine 178, euro 15).

Un libro prezioso che racconta la storia di Ludwig Guttmann, il neurologo tedesco ed ebreo che, sfuggito agli orrori del nazismo, riuscì ad offrire un futuro a chi non ne aveva, rivoluzionando il trattamento dei pazienti afflitti da trauma spinale, e con le sue intuizioni diede origine alle moderne Paralimpiadi.

Una storia bella e poco conosciuta che mi ha colpito molto, tanto da indurmi, subito dopo l’incontro, ad acquistare il libro. In attesa di leggerlo, riporto di seguito una sintesi, tratta da Avvenire, che dà un’idea della straordinarietà di questo medico coraggioso e geniale.

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Le virtù eroiche di Jérôme Lejeune, il genetista che amava la Vita

Nelle scorse settimane abbiamo appreso con gioia la notizia del riconoscimento, da parte della Congregazione per le Cause dei Santi (su autorizzazione di Papa Francesco), delle “virtù eroiche” di Jérôme Lejeune, il grande genetista francese noto per aver scoperto la Trisomia del cromosoma 21 quale causa della sindrome di Down. Un primo passo, dunque, verso la futura beatificazione per la quale si attende l’eventuale miracolo che dovrà essere compiuto per sua intercessione.

Lejeune nacque il 13 giugno 1926 da una famiglia cattolica, in un comune alle porte di Parigi (Montrouge). Fin da bambino era attratto dalla “scienza”, da ragazzo era rimasto talmente affascinato dal «Medico di campagna» del romanzo di Honoré de Balzac, da voler diventare medico condotto. Per questo si iscrisse a Medicina e si laureò nel 1951. Ma il giorno stesso della laurea, un suo insegnante, il professor Raymond Turpin, gli propose di collaborare ad un progetto di ricerca sulle cause del “mongolismo”, come allora era definita la Sindrome di Down, ed egli si sentì “chiamato” dalle circostanze ad accettare l’incarico.

Lejeune iniziò così la sua ricerca scientifica, partendo dalle conclusioni cui era arrivato nel 1866 il medico inglese John Langdon Down: una teoria che il futuro Venerabile reputava scientificamente infondata e razzista. Per il medico britannico, infatti, il “mongolismo” era una regressione verso forme primitive del genere umano, da attribuire a malattie infettive (tubercolosi, malattie veneree) dei genitori.

Lejeune non accettò mai questa teoria come vera, ed era fermamente convinto che la causa di una malattia di carattere genetico non fosse determinata dal cambiamento della qualità del messaggio ereditario, bensì da una mutazione di ordine quantitativo, ossia da un eccesso o da un difetto di alcune proporzioni del codice genetico.

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Quando il Bambino Gesù era il rifugio degli ebrei perseguitati dai nazisti

Dormivano in corsia, aiutati da medici e infermiere. Grazie all’extraterritorialità di cui gode l’ospedale del Vaticano

ROMA – «Una volta occorreva nascondere di corsa una coppia di coniugi ebrei. In pochi secondi lui diventò un frate confessore, lei una fedele che si confessava. I nazisti passarono oltre il confessionale e naturalmente non li scoprirono». Mancano documenti sonori, di questo ricordo. Così come non esiste un diario lasciato scritto. Ma è uno dei tanti episodi che arricchivano la straordinaria memoria personale di suor Margherita, all’anagrafe Maria Cipolloni, nata ad Acuto (Frosinone) il 16 gennaio 1900 e infermiera nelle corsie dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Era una delle Figlie della Carità di san Vincenzo de’ Paoli e rimase al Gianicolo fino al 29 aprile 1962. Sarebbe morta una ventina di anni dopo, conservando sempre dentro di sé i volti e le voci di quella tragica stagione tra la fine del 1943 e il maggio 1944. Di quando i nazisti che occupavano Roma si macchiarono dell’orrendo delitto del 16 ottobre 1943, cioè la razzia degli ebrei romani nell’area dell’antico ghetto, continuando la persecuzione casa per casa e quartiere per quartiere fino al maggio 1944.

Molti ebrei, impossibile quantificarli proprio perché manca una documentazione certa e soprattutto perché c’era un continuo ricambio di arrivi e di partenze per altri nascondigli, trovarono rifugio al Gianicolo, all’Ospedale Bambino Gesù che godeva dell’extraterritorialità perché di proprietà della Santa Sede. Arrivavano spesso famiglie intere con i bambini, a loro volta poi confusi tra i piccoli ricoverati. Tra il personale dell’ospedale c’era appunto suor Margherita, poi diventata amica e confidente della consorella suor Vincenza. È lei oggi a raccontare e a descrivere episodi come questo: «Suor Margherita ricordava almeno due perquisizioni dei tedeschi, nonostante l’extraterritorialità. Ma non trovarono mai nessuno. I rifugiati dormivano un po’ ovunque. Nel campanile di Sant’Onofrio. O anche intorno all’altare della cappella, accanto alla balaustra». Molti ebrei si travestirono da medici indossando il camice bianco. E in effetti alcuni di loro erano davvero medici. Quando si temeva una perquisizione, gli ebrei rifugiati lasciavano immediatamente le corsie dell’ospedale e raggiungevano un rifugio segreto realizzato nella terrazza più alta nella costruzione centrale dell’ospedale. Si arrivava fin lassù con una scaletta metallica che spariva immediatamente. Poi, finito il pericolo, suonava una campanella che nessun nazista avrebbe scambiato per un codice segreto, visto che suonava in un ospedale di proprietà del Vaticano.

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27 Gennaio – Appunti per non essere banali

Una delle domande capitali da cui si dipana la filosofia politica di Eric Voegelin è: perché in Europa è accaduto il nazionalsocialismo? E soprattutto perché l’Europa non è stata capace di riconoscerlo come un male, neutralizzarlo, prima della sua ascesa e della sua imponente azione politica?

Allora la risposta deve seguire un percorso storico, ossia rintracciare la causa della malattia che ha generato le ideologie moderne e quindi il nazionalsocialismo. Voegelin segue un movimento del pensiero che sempre più convintamente segna la chiusura alla trascendenza, ovvero alla visione dell’uomo come Theo-morfes, imago Dei, ovvero sia immagine di Dio.

Con la chiusura alla trascendenza, i principi di riferimento mutano e quindi si vanno a ricercare nella razza, nella classe, nello stato, nell’ideologia. Ad essi si dedica un culto pseudo religioso, tant’è che le ideologie moderne possono essere presentate come delle “religioni politiche”, quindi immanenti, che vogliono realizzare il mondo perfetto a partire dall’inveramento rigido di una idea, magari annunciata da qualche “profeta” e realizzata da un capo carismatico (führer). Chi non accetta questo sequestro ideologico della realtà deve essere eliminato. Ed ecco che il lager, come il gulag sovietico, diventa il mondo parallelo di questa razionale purificazione, laddove i nemici del popolo – concetto che viene fuori negli anni della rivoluzione francese – non potranno più nuocere al progetto del paradiso artificiale.

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Scienziati choc “Emergenza clima? Ridurre nascite”

Maestra sgrida alunni

Gli scienziati di tutto il mondo chiedono la riduzione programmata della popolazione mondiale a fronte dell’emergenza climatica
 
di Paolo Vites,  Il Sussidiario, 07.11.2019
 
Quando chi si preoccupa del bene e del futuro del mondo propone, come soluzione, la riduzione delle nascite, vuol dire che si è arrivati al suicidio organizzato e pianificato della razza umana. Invece di essere una soluzione è un omicidio. E’ l’allarme lanciato da ben 11.258 scienziati di tutto il mondo in una “lettera di avvertimento” per l’emergenza climatica, che propone come risposta “la riduzione graduale della popolazione mondiale”. Non è un film di fantascienza, ma è la scienza, tanto lodata perché dovrebbe risolvere ogni problema. La lettera è stata pubblicata nei giorni scorsi sulla rivista BioScience, firmata da oltre 11mila scienziati di 153 paesi al mondo. Nella dichiarazione, i firmatari hanno elencato sia la crescita economica che un aumento della popolazione globale come “tra i più importanti fattori di aumento delle emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di combustibili fossili”. Il rapporto chiede “trasformazioni audaci e drastiche riguardo alle politiche economiche e demografiche”. Hitler si sarebbe congratulato con loro, d’altro canto aveva messo in atto un piano analogo. Il documento non tiene minimamente conto dei milioni di poveri, soprattutto bambini, che muoiono ogni anno di stenti e di fame tanto che viene da pensare che l’incapacità di risolvere questo problema faccia parte di un piano preciso per ridurre la popolazione, e non si tiene neanche conto che nei paesi più ricchi la natalità è arrivata in molti casi, ad esempio in Italia, a livello zero. Cioè non si mettono più al mondo i figli. Sotto accusa allora come sempre quei fastidiosi popoli del terzo mondo che nonostante la povertà “si ostinano” a fare figli. La popolazione globale sta aumentando di 80 milioni di persone all’anno, afferma la dichiarazione, ed è un fattore chiave del cambiamento climatico.  Continua a leggere

Paola Bonzi: strumento di un miracolo

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(da tempi.it)
 
Nel tardo pomeriggio di ieri è morta Paola Bonzi, creatrice, anima e fino all’ultimo direttrice del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli di Milano, il “Cav” che i lettori di Tempi conoscono bene.

A dare la notizia è stato Avvenire:

«Paola Marozzi Bonzi è scomparsa nel tardo pomeriggio di venerdì in ospedale a Brindisi, dove si trovava in vacanza con il marito Luigi, dopo una breve malattia che l’ha portata rapidamente e inaspettatamente in coma. Aveva 76 anni, era madre di due figli e nonna di quattro nipoti. A Milano nel 1984 aveva fondato il primo Centro di aiuto alla vita che abbia mai potuto trovare sede in un ospedale, in quella clinica Mangiagalli in cui passano migliaia di donne ogni anno, tante con un carico di difficoltà e di dolore».

Impossibile rendere in poche righe l’enormità della presenza che è stata e che continuerà a essere Paola Bonzi nella vita di tante persone. Quello che si può sicuramente dire è che Paola Bonzi è stata strumento di un miracolo. Meglio, migliaia di miracoli. La stessa nascita del Cav all’interno della Mangiagalli, e cioè nella la clinica che fu l’epicentro della battaglia a favore dell’aborto in Italia, è una piccola storia grandiosa che andrebbe ricordata come merita. Qualche prezioso accenno si trova in questa intervista a Giorgio Pardi, il primo medico a eseguire un’interruzione di gravidanza legale in Italia che poi, anche grazie all’incontro con Paola Bonzi, pur continuando a difendere la legge 194 assunse posizioni molto distanti da quelle dei paladini dell’aborto come “diritto”.

Paola Bonzi e gli eroici volontari del suo Cav hanno fatto nascere in 35 anni 22.702 bambini che senza di loro sarebbero stati abortiti. Ventiduemilasettecentodue. Ognuno dei quali aveva per Paola un valore infinito. Quanto fa 22.702 volte infinito? Fa tantissimo, tutto, troppo. Troppo per mollare anche solo un centimetro. Per questo Paola Bonzi nei 35 anni di servizio al Cav ha sempre combattuto quando c’è stato da combattere. Con impareggiabile serenità, con grande discrezione, con eleganza di gran signora perfino, tuttavia ha sempre gridato quando bisognava gridare, stretto la cinghia quando ha dovuto stringerla, preso gli sputi e gli insulti dei nemici quando era meglio lasciarli sfogare il loro odio ideologico. Era pronta a tutto, Paola Bonzi, per dare un aiuto a quelle mamme in difficoltà e una chance di vita a quei bambini. Continua a leggere

Inventare, spiegare, risolvere problemi: essere genitori è una risorsa, anche per le aziende

Inventare, spiegare, risolvere problemi: essere genitori è una risorsa, anche per le aziende

MAAM, un programma di formazione basato sulla genitorialità, e l’associazione Valore D lanciano un Osservatorio dedicato. Lo studio dimostra come si sovrappongano il profilo di madri, padri e talenti innovatori: proprio quel che cercano oggi i cacciatori di teste
 
di Raffaele Ricciardi

(Repubblica, 10 Giugno 2019)
 
MILANO – Fare figli taglia di un terzo le prospettive di busta paga delle donne. Trasforma la vita in una gimkana tra lavoro, asili e baby sitter (per chi se li può permettere). Distoglie energie e da ultimo pone la scelta tra affermazione professionale e famiglia. Il cahier de doleance è noto. E allora perché non ribaltare la prospettiva? Perché non mostrare quanto, in realtà, diventando madri e padri si acquisiscono miriadi di competenze vicine a quelle soft skills – capacità relazionali, di risolvere problemi, inventiva – che sono l’Eldorado dei cacciatori di teste, che pare badino molto più a trovare queste qualità che non alle competenze tecniche, quando cercano un collaboratore per le aziende? A queste voci va ormai il 40% della spesa per la formazione dei dipendenti, che in Italia ha raggiunto un valore di quattro miliardi e mezzo.

Da qualche tempo ci prova MAAM, una programma di formazione aziendale che ha fatto della genitorialità un vero e proprio master in competenze-chiave per la crescita professionale e, di rimando, per la produttività aziendale. Da MAAM, iniziato da Riccarda Zezza come progetto di lezioni in aula, è nata Life Based Value, una tech company che ha portato il master su una piattaforma digitale. Una cinquantina di grandi aziende l’ha già sperimentata come forma di welfare interno: ai dipendenti-genitori arrivano le credenziali per accedere al programma, che può durare fino a sei mesi. In vari moduli, come una sorta di Socrate 2.0, MAAM porta i genitori a riflettere sul loro quotidiano, per individuare che riserva di risorse sia la crescita di un infante. E scoprire che i figli sono un esercizio permanente di problem solving; che l’inventiva per trasformare due sassi in riva al mare in un castello fantastico è una capacità non da tutti; che rispondere a una raffica di “perché?” con un linguaggio semplice e appropriato – rigirando le frasi come un calzino per soddisfare la curiosità di un bimbo o una bimba – sviluppa processi mentali utili anche in una riunione di altissimi dirigenti. Continua a leggere

Un’artista trasforma le ecografie delle future madri in splendidi dipinti

 
Laura Steerman è un’artista irlandese di Dublino, dove vive e lavora come illustratrice. E’ anche diventata un’amante di una forma d’arte molto particolare: convertire le ecografie in dipinti colorati!

Grazie a lei, le future madri possono conservare un ricordo molto speciale di questo momento che è il palcoscenico della gravidanza. Inizialmente Laura iniziò a dipingere le proprie ecografie mentre era incinta, in modo da rendere meno lunga e difficoltosa l’attesa. Presto si rese conto che queste immagini mediche potevano essere una fonte inesauribile di ispirazione. Continua a leggere

Il microchierismo: le cellule fetali che vivono per sempre nel corpo della madre

È proprio vero che le madri portano il proprio figlio dentro di sé per tutta la vita ma non solo dal punto di vista affettivo, anche in senso puramente biologico. A dirlo non sono i “bacchettoni” pro life ma la scienza!

Stiamo parlando di un fenomeno su cui la comunità scientifica internazionale si va interrogando da tempo ovvero il “microchimerismo” che altro non è che la migrazione di alcune cellule fetali, nel corso della gravidanza, nei tessuti materni. Un fenomeno sorprendente emerso anche da un recente studio dell’Arizona State University, nel corso del quale si è analizzato il cervello di donne decedute, riscontrando che, nel 60% dei casi, esso presentava cellule maschili.

La migrazione delle microchimere fetali avverrebbe attraverso la placenta ma probabilmente anche tramite l’allattamento. Gli scienziati, inoltre, non escludono nemmeno un altro fenomeno sorprendente e cioè che le cellule del bambino possano essere trasmesse ai suoi fratelli più piccoli, sempre tramite la placenta, per via di gravidanze successive. E ancora più incredibile sarebbe la scoperta che riguarda non solo le madri, ma anche le madri delle madri: ogni donna conserverebbe le cellule della propria madre nel proprio organismo, questo andrebbe a creare, di conseguenza, uno stretto legame biologico anche tra le nonne materne e i nipoti. Si ipotizza, per di più, che le cellule della nonna materna abbiano un ruolo chiave nella rigenerazione delle cellule staminali e del sistema immunitario, in quanto una maggiore quantità di queste cellule è stata riscontrata nel sangue di donne sane, rispetto a quello di donne che si erano ammalate di cancro al seno.

Tutto questo dimostra come l’essere umano non sia un’isola senza identità e senza storia, ma è al contrario frutto di importanti legami, innanzitutto biologici: a partire dalla profonda connessione madre-figlio che arriva a determinarlo nel profondo, nelle sue stesse “ossa”, potremmo dire. Continua a leggere

I gemelli socializzano nel pancione

I loro movimenti fanno capire che fin dalle prime settimane cercano di comunicare. E anche di guadagnare spazio.
 
Sì, i gemelli si cercano, si accarezzano e socializzano tra loro fin da quando si trovano nel pancione della mamma. Lo ha rivelato tempo fa uno studio delle Università di Padova, Torino e Parma in collaborazione con l’Ospedale Pediatrico Burlo Garofolo di Trieste.

I ricercatori hanno monitorato i loro gesti utilizzando l’ecografia 4D, scoprendo così che, a partire dalla quattordicesima settimana di gestazione, i loro contatti non sembrano più essere casuali e dovuti alla vicinanza, ma mirati alla conoscenza reciproca.

Come se volessero accarezzarsi ed esplorarsi, sempre più frequentemente con l’avvicinarsi del parto. I gesti verso la parete uterina o verso se stessi appaiono molto meno delicati e affettuosi.

SPOSTATI! Più recentemente, durante uno studio sulla sindrome da trasfusione feto-fetale (una malattia della placenta che comporta connessioni sanguigne per cui un gemello “dona” il sangue all’altro in modo eccessivo) si è evidenziato anche un altro aspetto della convivenza: quello dello spazio ristretto. Continua a leggere