Roald Dahl “ritoccato”, esperti a confronto: meglio spiegare che cancellare

Sta generando indignazione la notizia dell’ennesimo caso di quella cancel culture che pervade ormai ogni aspetto della cultura occidentale, e consistente nella revisione di frasi o termini considerati sessisti, razzisti, veicolo di stereotipi, diseducativi e via elencando.

Di seguito un articolo da Avvenire di oggi, che riflette sul non senso di questa operazione linguistica e sull’opportunità di pensare, invece, ad alternative ben più ragionevoli e intelligenti per educare i bambini e trasmettere loro messaggi positivi.

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Non accenna a placarsi la polemica relativa alla decisione editoriale di sottoporre i libri di Roald Dahl a un’attenta revisione linguistica. Correzioni imposte – questa l’accusa – da un “politicamente corretto” sempre più invasivo e da una cancel culture che tende ormai a non risparmiare più nulla e nessuno. Compreso, ora, lo scrittore britannico di origini norvegesi, scomparso nel 1990 all’età di 74 anni, uno dei più amati per bambini e ragazzi. La presenza di modifiche nelle nuove edizioni verrà d’ora in poi segnalata da una breve nota inserita nel colophon di ciascun libro: « Le parole sono importanti. Le magnifiche parole di Roald Dahl possono trasportare in mondi diversi e far conoscere personaggi meravigliosi. Questo libro è stato scritto tanti anni fa e quindi ne rivediamo regolarmente il linguaggio per assicurarci che possa essere apprezzato da tutte le persone anche oggi». Eppure la decisione di Puffin Books (branca del colosso editoriale Penguin), condivisa con gli eredi dell’autore, ha suscitato un polverone. Uno che di violenza censoria sa qualcosa, Salman Rushdie, ancora convalescente dalle conseguenze dell’attentato subìto l’anno scorso a New York (che gli è costato un occhio e l’uso della mano sinistra), ha twittato: «Dahl non era un angelo, ma questa è un’assurda censura, Puffin Books e gli eredi di Dahl dovrebbero vergognarsene».

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Una storia straordinaria: Ludwig Guttmann, ideatore delle Paralimpiadi

Ludwig Gutmann (1899-1980)

Nell’ambito delle iniziative organizzate dal Movimento per la Vita Ambrosiano per celebrare la Giornata per la Vita 2022, si è svolto ieri, sulla piattaforma Zoom, un incontro con lo scrittore Roberto Riccardi. Al centro dell’incontro la presentazione del suo libro Un cuore da campione. Storia di Ludwig Guttmann inventore delle Paralimpiadi (Firenze, Giuntina, 2021, pagine 178, euro 15).

Un libro prezioso che racconta la storia di Ludwig Guttmann, il neurologo tedesco ed ebreo che, sfuggito agli orrori del nazismo, riuscì ad offrire un futuro a chi non ne aveva, rivoluzionando il trattamento dei pazienti afflitti da trauma spinale, e con le sue intuizioni diede origine alle moderne Paralimpiadi.

Una storia bella e poco conosciuta che mi ha colpito molto, tanto da indurmi, subito dopo l’incontro, ad acquistare il libro. In attesa di leggerlo, riporto di seguito una sintesi, tratta da Avvenire, che dà un’idea della straordinarietà di questo medico coraggioso e geniale.

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L’arte di educare

“Quello che deve starci a cuore, nell’educazione, è che nei nostri figli non venga mai meno l’amore alla vita. Esso può prendere diverse forme, e a volte un ragazzo svogliato, solitario e schivo non è senza amore per la vita, né oppresso dalla paura di vivere, ma semplicemente in stato di attesa, intento a preparare se stesso alla propria vocazione. E che cos’è la vocazione di un essere umano, se non la più alta espressione del suo amore per la vita? Noi dobbiamo allora aspettare, accanto a lui, che la sua vocazione si svegli, e prenda corpo. Il suo atteggiamento può assomigliare a quello della talpa o della lucertola, che se ne sta immobile, fingendosi morta: ma in realtà fiuta e spia la traccia dell’insetto, sul quale si getterà con un balzo. Accanto a lui, ma in silenzio e un poco in disparte, noi dobbiamo aspettare lo scatto del suo spirito. Non dobbiamo pretendere nulla: non dobbiamo chiedere o sperare che sia un genio, un artista, un eroe o un santo; eppure dobbiamo essere disposti a tutto; la nostra attesa e la nostra pazienza deve contenere la possibilità del più alto e del più modesto destino”.

(N. Ginzburg, Le piccole virtù)

È possibile potenziare la memoria?

Riscoprire il valore di imparare a memoria, elaborando il significato, una poesia, una canzone o una preghiera, può essere un ottimo mezzo per difendere quel bene così prezioso

mnemonisti (o memoristi) sono persone dotate di memoria straordinaria, abilmente alimentata attraverso opportune tecniche, di antica origine, comunque alla portata di tutti. Le strategie sono diverse e, spesso, prevedono l’associazione dei dati con luoghi ed eventi. L’applicazione di tali accorgimenti, unito a uno stile di vita sano, permette a tutti, anche ai più rinunciatari sulle proprie potenzialità mnemoniche, di raggiungere risultati migliori, nella vita scolastica, professionale, ludica senza mirare a picchi estremi. Alcuni personaggi storici sono rimasti famosi anche per le loro abilità mnemoniche e per le tecniche che hanno utilizzato per sfruttare al meglio queste doti. Oltre al proverbiale Pico della Mirandola, con cui si appella chi sia dotato di grande memoria, vanno ricordati altri filosofi come Giordano Bruno e Cicerone.

Il filosofo greco Platone osservava: “La scoperta della scrittura avrà l’effetto di produrre la dimenticanza nelle anime che l’impareranno, perché, fidandosi della scrittura, queste si abitueranno a ricordare dal di fuori mediante segni estranei e non dal di dentro e da sé medesime”.

Ci sono delle tecniche utilizzate, sin dall’antichità (in cui era, appunto, più difficile trascrivere), per favorire la memorizzazione delle informazioni. La più conosciuta è quella dei “loci”, termine latino per indicare i “luoghi”, definita anche “palazzo della memoria”. Consiste nell’associare l’elemento da ricordare a dei luoghi, possibilmente ben conosciuti, come la casa. Ogni vano riporta poi, alla luce, la nozione che gli è stata assegnata. Le immagini dei luoghi forniscono la possibilità del recupero dell’informazione.

La capacità, dunque, non si dimostra per particolari doti intellettive quanto per quelle strategiche, di abbinare e realizzare un preciso accostamento di tipo visuo-spaziale.

Hebbinghaus, psicologo dell’800, fu il precursore della teoria del recupero seriale della memoria, per cui le informazioni memorizzate per prime (primacy) e quelle per ultime (recency) si ricordano meglio di quelle nel mezzo. Nei suoi studi, stabilì che, il rapporto tra la quantità delle nozioni da ricordare e il tempo necessario per acquisirle, è costante.

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Civil Week Lab, D’Avenia: «Non togliamo ai giovani il desiderio, li rende vivi»

Civil Week Lab, D'Avenia: «Basta burocrazia. I ragazzi hanno bisogno di  cura»| Guarda qui la sintesi della lectio- Corriere.it

Lo scrittore e giornalista Alessandro D’Avenia ha tenuto, qualche giorno fa, una bellissima lectio sui giovani come protagonisti del cambiamento.

L’incontro, tenuto alla Bocconi, ha aperto la Civil Week Lab, l’evento del Corriere della Sera dedicato al senso civico e alla cittadinanza attiva.

Ecco il video del suo intervento:

(fonte: Corriere della Sera)

Il senso religioso dell’uomo fin dalle origini

Pontificia Accademia delle Scienze - Amedeo Lomonaco

“Simboli, Miti e Senso Religioso negli Esseri Umani sin dal Principio”. È questo il titolo del workshop organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, riservato agli accademici e agli studiosi invitati, in programma mercoledì 27 e giovedì 28 ottobre 2021. L’obiettivo, come suggerisce il nome del simposio, è quello di discutere della particolarità “neuronale” e dell’unicità del genere umano (genus Homo) che lo colloca ad un livello di coscienza superiore a quello degli altri Primati, l’unico capace di pensiero religioso. Anche il senso religioso va tuttavia compreso all’interno dello sviluppo evolutivo dell’uomo e ne vanno esplorate caratteristiche, universalità e contenuti.

Il programma del Simposio è suddiviso in quattro parti (archeologica, etnologica, biolgoica e filosofica) tutte precedute da un’introduzione sulla collocazione sistematica e cronologica del genere Homo e sulla sua genesi così come la conosciamo oggi. Tanti i nomi illustri che prenderanno parte all’evento, come Yves Coppens e Francesco d’Errico. Presenti anche Fiorenzo Facchini, Silvano Petrosino, Donald Johanson e Ivan Colagè. Come scritto in precedenza, l’evento è riservato agli accademici e agli studiosi invitati. Come di consueto, i Proceedings della manifestazione saranno pubblicati successivamente, per far conoscere al grande pubblico l’oggetto delle discussioni e i risultati presentati.     
        
Clicca qui per leggere e scaricare il programma del simposio

(fonte: disf.org)

Lasciare andare

Cosa ci insegna l’autunno?
Che dobbiamo lasciar andare le cose che non ci nutrono più.
Che nella malinconia c’è una bellezza struggente.
Che per poter voltare la pagina bisogna trovare il coraggio di far cadere le foglie secche, a costo di lasciar spoglio e freddo il nostro ramo.
Solo così un giorno potranno nascere nuovi germogli.

(Katherine Black)

Christine De Pizan, la prima scrittrice professionista della storia

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Chi è stata la prima donna a vivere del lavoro di scrittrice nella storia? E quando ha vissuto? Si potrebbe pensare che una donna che vive della vendita dei suoi best-sellers sia una cosa recente e invece è una storia che inizia nel medioevo.

Al termine di un intervento su Giovanna D’Arco, il professor Alessandro Barbero, ordinario di Storia Medievale presso l’Università del Piemonte Orientale e volto noto al pubblico della divulgazione storica di SuperQuark, ha infatti citato Christine De Pizan, definendola “La prima scrittrice professionista della storia”. 

Ma chi era Christine De Pizan, prima scrittrice della storia?

Christine De Pizan, prosegue Barbero, ha scritto “per difendere i diritti delle donne contro i luoghi comuni, contro le sciocchezze che la gente dice contro le donne. È una specie di protofemminista”. In questo articolo approfondiamo alcuni elementi della vita di Christine De Pizan.

L’educazione medievale di Christine De Pizan

Cristina da Pizzano, nota come Christine De Pizan, è stata la prima scrittrice professionista della storia. Nata a Venezia, probabilmente nel 1365, suo padre Tommaso era originario di Pizzano (dalle parti di Bologna) e noto medico e astronomo. Fu proprio il prestigio paterno a portare la famiglia di Christine a Parigi alla corte di re Carlo V. A differenza della normale educazione dell’epoca, il padre di Christine volle impartirle una formazione umanistica e letteraria completa. Come emerge dagli scritti della stessa Christine, la donna aveva libero accesso alla Biblioteca Reale del Louvre. Carlo V favorì molto Tommaso De Pizan e la sua famiglia, e Christine crebbe in un ambiente colto e agiato.

Una donna alla guida di una famiglia nel medioevo

Christine sposò Étienne de Castel, futuro cancelliere e segretario del re. Ebbero tre figli, ma dopo appena dieci anni di matrimonio, nel 1390, suo marito morì, quando Christine aveva 25 anni. La morte del marito si aggiunse a quella del padre, scomparso tre anni prima. Morti gli uomini che la sostenevano, Christine, la cui famiglia non era presa in considerazione da Carlo VI come era stato per il suo predecessore, dovette adoperarsi per provvedere ai suoi figli e all’anziana madre.

Quante opere ha scritto e di cosa parlano i libri di Christine De Pizan?

Sono noti a noi dodici opere di Christine De Pizan, tra le quali il già citato La Città delle Dame e una biografia di Carlo V.

Nelle opere di Christine de Pizan un tema ricorrente è la riflessione sull’educazione delle donne e l’esclusione di queste dalla produzione letteraria:

Te lo ripeto, e non dubitare del contrario, che se ci fosse l’usanza di mandare le bambine a scuola e di insegnare loro le scienze come si fa con i bambini, imparerebbero altrettanto bene e capirebbero le sottigliezze di tutte le arti, cosí come essi fanno. (La Città delle Dame, i xxv, pp. 150-51)

Oltre ad essere una scrittrice nel senso “moderno” del termine, per guadagnare Christine dirigeva uno scriptorium laico, una specie di casa editrice nella quale venivano miniate e ricopiate delle opere (la stampa ancora non è stata inventata): questo tipo di lavoro era diffuso anche tra le donne, soprattutto perché non era considerato un lavoro umanistico ma tecnico e umile.

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Nel Dna dell’uomo moderno tracce di un ignoto progenitore

 L’uomo moderno conserva le tracce del Dna di ignoti progenitori, comuni a Neanderthal e Denisovani (fonte: Piqsels) © Ansa

Lo ha sottolineato una ricerca degli esperti delle università americane Cornell e Cold Spring Harbor che, grazie ad un particolare algoritmo, hanno potuto analizzare e mettere a confronto il materiale genetico di tre uomini di Neanderthal, di un uomo di Denisova e di due uomini moderni provenienti dall’Africa

Nel Dna dell’uomo moderno sono custodite le tracce del materiale genetico di un ignoto progenitore arcaico, che ha la caratteristica di essere comune a tutti i gruppi umani comparsi sulla Terra, dall’uomo di Neanderthal a quello di Denisova. A sottolinearlo un importante studio, pubblicato sulla rivista scientifica “Plos Genetics” dai ricercatori delle università americane Cornell e Cold Spring Harbor.

L’utilizzo di un particolare algoritmo

Il lavoro degli scienziati statunitensi si è basato su un particolare algoritmo, messo a punto dagli stessi autori dello studio, che ha consentito di analizzare al computer e mettere in paragone le sequenze genetiche di tre uomini di Neanderthal, un uomo di Denisova e due uomini moderni provenienti dall’Africa. Questo parametro, hanno detto i ricercatori, ha permesso di “identificare segmenti di Dna provenienti da altre specie umane, anche se il flusso di materiale genetico è avvenuto migliaia di anni fa e proviene da una fonte ancora sconosciuta”. Eseguendo un’analisi approfondita su questo materiale genetico, è emerso come circa il 3% del Dna dei Neanderthal derivi da esseri umani più antichi e che l’incrocio si sarebbe verificato tra 300.000 e 200.000 anni fa. Inoltre, proprio l’algoritmo sperimentato ha potuto dimostrare che circa l’1% del Dna dell’uomo di Denisova ha origine da un essere umano ancora più antico e che il 15% circa di un Dna super-arcaico potrebbe essere giunto fino agli esseri umani moderni.

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Scienza e fede, così il dialogo inizia a scuola. Un sito per trovare risposte

Scienza e fede, un rapporto da esplorare

Da oggi online il nuovo portale che risponde alle domande degli studenti delle superiori e dei loro insegnanti. Iniziativa del centro Disf sostenuta dalla Cei

L’ambiente scolastico, nel periodo adolescenziale, rappresenta un luogo-chiave dove il rapporto fra pensiero scientifico e cultura umanistica può essere impostato precocemente e in maniera duratura. Prende le mosse da questa evidenza, il progetto della nuova piattaforma didattica Disf-Educational (CLICCA QUI), promosso dal Centro di documentazione interdisciplinare di Scienza e fede (Disf ) e sostenuto dalla Conferenza episcopale italiana, frutto della collaborazione di un pool di oltre trenta docenti provenienti da tutta Italia.

Il sito, online da oggi, intende dotare le scuole superiori di uno strumento che aiuti ad affrontare i principali temi di attualità interdisciplinare, che richiedono il concorso di diverse materie e prospettive per essere trattati in modo convincente anche sui banchi di scuola.

«A 20 anni dall’apertura del sito disf.org – spiega Giuseppe Tanzella-Nitti, direttore del Centro di ricerca Disf – occorreva progettare uno strumento nuovo, di concezione originale, che partisse dalle scuole e nelle scuole consentisse la graduale navigazione in un mediterraneo sicuro, senza che gli studenti naufragassero in oceani sconosciuti e troppo ampi».

«Sebbene diretta a tutte le scuole, siano esse statali o paritarie, di ispirazione non confessionale oppure religiosa – sottolinea Tanzella-Nitti – la Piattaforma Disf Educational si propone di approfondire, come già il portale disf.org, il rapporto fra cultura scientifica e pensiero cristiano».

L’essere umano è diverso dagli altri animali? In laboratorio c’è posto per Dio? Perché la morte? La mente umana sarà rimpiazzata dall’intelligenza artificiale? Sono queste (e tante altre) le domande a cui gli studenti, ma anche gli insegnanti, potranno cercare una risposta nelle pagine del nuovo portale, che è stato presentato questa mattina con gli interventi di Franco Malerba, primo astronauta italiano e Letizia Davoli, giornalista scientifica di TV2000.

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